Capítulo 11

La orazione si è principio, mezzo e fine d’ogni bene, l’orazione illumina l‘anima, e per essa discerne l‘anima il bene dal male. Ogni uomo peccatore dovrebbe fare questa orazione ognindì continovamente, con fervore di cuore; cioè pregare Iddío umilemente, che li dia perfetto cognoscimento della -propria miseria e delli suoi peccati, e delli beneficj, ch’ha ricevuti e riceve da esso buono Iddio. Ma l’uomo che non sa orare, come potrà cognoscere Iddio? E tutti quelli che si debbono salvare, se eglino sono persone di vero intelletto, al pottutto fa bisogno che eglino si convertano finalmente alla santa orazione. Disse Frate Egidio: Ma se fusse uno uomo, che avesse uno suo figliuolo, il quale avesse commesso tanto male che fusse condannato a morte, ovvero che fosse isbandito dalla cittade; certa cosa è, che questo uomo molto sarebbe sollecito di procurare a tutta sua possa di dì, e di notte, e a ogni ora, ch’egli potesse impetrare grazia della vita di questo suo figliuolo, ovvero di trarlo di bando; facendo grandissime preghiere e supplicazioni, e donando presenti ovvero tributi, a tutta sua possanza, e per sa medesimo e per gli altri suoi amici e parenti. Adunque se questo fa l’uomo per lo suo figliuolo, il quale è mortale; quanto dovrebbe essere più l’uomo sollecito a pregare Iddio, ed eziandio a farlo pregare per li buoni uomini in questo mondò, e ancora nell’altro per li suoi Santi, per la propria anima sua la quale è immortale, quando ella è isbandita della cittade celestiale, o veramente quando è condannata alla morte eterna per li molti peccati! Uno Frate disse a Frate Egidio: Padre, a me pare che molto si dovrebbe dolere l’uomo ed avere grande rincrescimento, quando egli non può aver grazia di divozione nella sua orazione. Al quale Frate Egidio rispose: Fratello mio, io ti consiglio che tu facci pian piano il fatto tuo; imperocchè, se tu avessi un poco di buono vino in una botte, nella quale botte fusse ancora la feccia di sotto a questo buono vino; certa cosa è, che tu non vorresti picchiare nè muovere questa botte, per non mescolare il buono vino colla feccia, e così dico: per fino a tanto che la orazione non sarà partita da ogni concupiscenzia viziosa e carnale, non riceverà consolazione divina; perocchè non è chiara nel cospetto di Dio quella orazione, la quale è mescolata colla feccia della carnalità. Ed imperò si debbe l’uomo isforzare quanto più egli può, di partirsi da ogni feccia di concupiscenzia viziosa; acciocchè la sua orazione sia monda nel cospetto di Dio, ed acciocchè da essa riceva divozione e consolazione divina. Uno Frate domandò Frate Egidio, dicendo: Padre, per che cagione avviene questo; che quando l’uomo adora Iddio, che molto più è tentato, combattuto è travagliato nella mente sua, che di nessuno altro tempo? Al quale Frate Egidio rispuose così: Quando alcuno uomo ha a terminare alcuna quistione dinanzi al giudice, ed egli va per dire la sua ragione al giudice, quasi domandandogli consiglio e ajutorio; come il suo’avversario sente questo, di subito comparisce a contraddire, ed a resistere alla dimanda di quello uomo, e si gli dà grande impedimento, quasi riprovando ogni suo detto: e così similmente avviene, quando l’uomo va alla orazione: perocch’egli addimanda ajutorio a Dio della cagione: ed imperò subito comparisce il suo avversario Demonio colle sue tentazioni, a fare grande resistenzia e contraddizione, a fare ogni suo isforzo, industria ed argomento che può, per impedire l’orazione; acciocchè quella orazione non sia accettata nel cospetto di Dio, ed acciocchè l’uomo non abbia da essa orazione alcuno merito, nè consolazione. E questo possiamo noi bene vedere chiaramente; perocchè quando noi parliamo delle cose del secolo, in quella volta non patiamo alcuna tentazione nè furto di mente; ma se noi andiamo alla orazione per dilettare e consolare l‘anima con Dio, subito sentiremo percuotere la mente di diverse saette, cioè di diverse tentazioni; le quali le mettono li Demonj per farci isvariare la mente acciocchè l‘anima non abbia diletto nè consolazione di quello, che la detta anima parla com Dio. Disse Frate Egidio, che l’uomo oratore dee fare, come fa il buono cavaliere in battaglia; che avvegnach’egli sia o punto, o percosso dal suo inimico, non si parte però subito dalla battaglia, anzi resiste virilmente per avere vittoria del suo nimico acciocchè avuta la vittoria egli s’allegri e consoli della gloria: ma s’egli si partisse dalla battaglia, com’egli fosse percosso e ferito, certa cosa è ch’egli sarebbe confuso e svergognato e vituperato. E così similmente dobbiamo fare noi; cioè non per ogni tentazione partirci dalla orazione, ma dobbiamo resistere animosamente; perocchè è beato quello uomo che sofferisce le tentazioni, come dice l’Apostolo; perocchè vincendole, riceverà la corona di vita eterna, ma se l’uomo per le tentazioni si parte dalla orazione, certa cosa è, che egli rimane confuso, vinto e sconfitto dal suo nimico Demonio. Uno Frate disse a Frate Egidio: Padre; io vidi alcuni uomini, li quali ricevettono da Dio grazia di divozione di lagrime in nella sua orazione; ed io non posso sentire alcuna di queste grazie, quando adoro Iddio, al quale Frate Egidio rispuose: Fratello mio, io ti consiglio, che tu lavori umilmente e fedelmente in nella tua orazione; imperocchè il frutto della terra non si può avere senza fatica, e senza lavorio innanzi adoperato; ed ancora dopo il lavoro, non seguita però il frutto desiderato subitamente, per infino a tanto che non è venuto il tempo della stagione: e così Iddio non dà subito queste grazie allo uomo in nella orazione, per infino a tanto che non è venuto il tempo convenevole, e per infino a tanto che la mente non è purgata di ogni carnale affezione, e vizio. Adunque, fratello mio, lavora umilmente nella orazione; perocchè Iddio, il quale è tutto buono e grazioso, ogni cosa cognosce e discerne il migliore, quando e’ sarà il tempo e la stagione, egli come benigno ti darà molto frutto di consolazione. Uno altro Frate disse a Frate Egidio: Che fai tu Frate Egidio? che fai tu Frate Egidio? ed egli rispuose: Io faccio male, e quello Frate disse: Che male fai tu? E allora Frate Egidio si voltò a un altro Frate, e sì gli disse: Dimmi fratello mio, chi credi tu che sia più presto, o il nostro Signore Iddio a concedere a noi la sua grazia, o noi a riceverla ? e quello Frate rispuose: Egli è certa cosa, che Iddio è piu presto a dare a noi la grazia sua, che noi non siamo a riceverla. Ed allora disse Frate Egidio: Dunque facciamo noi bene? E quel Frate disse: Anche facciamo noi male. E allora Frate Egidio si rivoltò al primo Frate, e disse: Ecco Frate, che si mostra chiaramente, che noi facciamo male; ed è vero quello ch’io allora rispuosi, cioè ch’io facea male. Disse Frate Egidio: Molte opere sono laudate e commendate nella Santa Scrittura, ciò sono l‘opere della Misericordia, ed altre sante operazioni: ma favellando il Signore della orazione, disse così: Il Padre celestiale va cercando, e vuole degli uomini che lo adorino sopra la terra in ispirito, ed in veritade. Ancora disse Frate Egidio, che li veri religiosi sono simili alli lupi: perocchè poche volte escano fuori in pubblico, se non per grande necessitate; ma incontanente si studiano di tornare al suo segreto luogo, senza molto dimorare nè conversare in fra la gente. Le buone operazioni adornano l’anima; ma sopra tutte le altre, la orazione adorna e illumina l‘anima. Uno Frate compagno e molto familiare di Frate Egidio, disse: Padre, ma perchè non vai tu alcuna volta a favellare delle cose di Dio, e ammaestrare e procurare la salute delle anime delli cristiani? Al quale Frate Egidio rispuose: Fratello mio, io voglio soddisfare allo prossimo con utilitade, e senza danno dell’anima mia, cioè colla orazione. E quel Frate gli disse: Almeno andassi tu qualche volta a visitare li tuoi parenti. E Frate Egidio rispuose: Non sai tu, che ‘l Signore dice nel Vangelio: Chi abbandonerà padre e madre, fratelli, sorelle e possessioni per lo nome mio, riceverà cento cotanto? E poi disse: Uno gentile uomo entrò nello Ordine delli Frati, del quale valsono le ricchezze forse sessenta milia lire, adunque grandi doni s’aspettano a quelli, che per Dio lasciano le cose grandi, dappoichè Iddio gli dona cento cotanti più. Ma noi che siamo ciechi, quando vediamo alcuno uomo virtuoso e grazioso appresso a Dio, non possiamo comprendere la sua perfezione, per la nostra imperfezione e cecitade. Ma se alcuno uomo fosse vero spirituale, appena ch’egli volesse mai vedere nè sentire persona, se non per grande necessitade: perocchè il vero spirituale sempre desidera d’essere separato dalla gente, ed essere unito con Dio per contemplazione. Allora Frate Egidio disse ad uno Frate: Padre, volentieri vorrei sapere, che cosa è contemplazione, e quel Frate rispuose: Padre, non lo so già io. Allora Frate Egidio disse: A me pare che ‘l grado della contemplazione sia un fuoco divino, ed una devozion soave dello Spirito Santo, ed uno ratto e suspensione di mente inebriata in nella contemplazione di quello gusto ineffabile della dolcezza divina; ed una dolce e queta e soave dilettazione della anima, che sta sospensa e ratta con grande ammirazione di gloriose cose superne celestiali, ed uno infocato sentimento intrinseco di quella gloria celestiale ed innarrabile.

Capítulo 13

L’uomo che vuole sapere molto, debbe adoperare molto, e debbe umiliarsi molto, abbassando sè medesimo e inchinando il capo, tanto, che ‘l ventre vadia per terra; ed allora il Signore gli darà la molta scienzia, e sapienzia. La somma sapienzia si è a fare sempre bene, operando virtuosamente, e guardandosi bene da ogni difetto e da ogni cagione di difetto, e sempre considerare li giudicii di Dio. Una volta disse Frate Egidio ad uno, che volea andare alla scuola per imparare scienzia: Fratello mio, perchè vuoi tu andare alla scuola? ch’io ti faccio assapere, che la somma d’ogni scienzia si è temere e amare, e queste due cose ti bastano: perocchè tanta sapienzia basta all’uomo, quanto adopera, e non più. Non ti sollecitare molto di studiare per utilità d’altri, ma sempre ti studia e sollecita, e adopera quelle cose che sono utili a te medesimo; perocchè molte volte avviene questo, che noi vogliamo sapere molta scienzia per ajutare altrui, e poco per ajutare a noi medesimi, e io dico, che la parola di Dio non è dello dicitore nè anche dello uditore, ma è del vero operatore. Alcuni uomini che non sapeano notare, si entrarono nell’acqua per ajutare a quelli che s’annegavano; e accadde, che s’annegarono insieme con essi. Se tu non procuri bene la salute dell’anima tua propria, e come procurerai tu quella delli tuoi prossimi? e se tu non farai bene li tuoi fatti propj, or come farai bene li fatti altrui? perocchè non è da credere, che tu ami più l‘anima d’altrui, che la tua. Li predicatori della parola di Dio debbono essere bandiera, candela e specchio del popolo. Beato quello uomo, che per tal modo guida gli altri per la via della salute, che egli (lui) medesimo non cessa d’andare per essa via della salute! Beato quello uomo, che per tale modo invita gli altri a correre, ed egli medesimo non resta di correre! più beato è quello, che per tale modo ajuta gli altri a guadagnare e ad essere ricchi, ed elli per sè medesimo non resta di arricchire. Credo, che lo buono predicatore più ammonisce e più predica a sè medesimo, che non fa agli altri. A me pare che l’uomo, il quale vuole convertire e trarre l‘anime delli peccatori alla via di Dio, che sempre debba temere ched egli non sia malamente pervertito da loro, e tratto alla via delli vizj e del Demonio e dello Inferno.

Capítulo 14

L’uomo che favella le buone parole ed utili alle anime, è veramente quasi bocca dello Spirito Santo; e così l’uomo che favella le male parole ed inutili, è certamente bocca del Demonio. Quando alcuna volta li buoni uomini ispirituali sono congregati a ragionare insieme, sempre dovrebbero parlare della bellezza delle virtudi, acciocchè più piacessono le virtudi e più si dilettassono in esse; “imperocchè dilettandosi e piacendosi nelle dette virtudi, più si eserciterebbono in esse; ed esercitandosi in esse, perverrebbono in maggiore amore di loro; e per quello amore, e per lo esercizio continuo e per lo piacimento delle virtudi, sempre salirebbono in più fervente amore di Dio, ed in più alto stato della anima; per la qual cagione gli sarebbono concedute dal Signore più doni, e più grazie divine. Quanto l’uomo è più attentato, tanto più gli è di bisogno parlare delle sante virtudi; imperocchè come spesse volte per lo vile favellare delli vizj, l’uomo leggermente cade nelle operazioni viziose, e così molte volte per lo ragionamento delle virtù, leggermente l’uomo è condotto e dispotto nelle sante operazioni delle virtudi, ma che diremo noi del bene, che procede dalle virtudi? perocch’egli è tanto e tanto grande, che noi non possiamo degnamente favellare della sua grande eccellenzia, ammirabile e infinita, ed anche, che diremo del male, e della pena eternale che procede dalli vizj? imperocch’egli è tanto male e tanto abisso profondo, che a noi è incomprensibile ed impossibile a pensarlo, ovvero a potere parlare di lui. Io non reputo, che sia minore virtù a sapere ben tacere, che a sapere bene parlare; ed imperò pare a me, che bisognerebbe che l’uomo avesse il collo lungo come hane la grue, acciocchè quando l’uomo volesse parlare, che la sua parola passasse per molti nodi, innanzi che venisse alla bocca; cioè a dire, quando l’uomo volesse favellare, ch’e’ bisognerebbe ch’egli pensasse e ripensasse, ed esaminasse e discernesse molto bene, e il come e ‘l perchè e ‘l tempo e ‘l modo e la condizione degli auditori, e ‘l suo proprio effetto, e la intenzione del suo motivo.

Capítulo 15

Che giova all’uomo il molto digiunare ed orare e fare limosine, e affliggere sè medesimo con grande sentimento delle cose celestiali, s’egli non perviene al beato porto desiderato di salute, cioè della buona e ferma perseveranza? Alcuna volta avviene questo; che appare nel mare alcuna nave molto bella e grande e forte e nuova, e piena di molte ricellezze; e accade, che per alcuna tempesta, ovvero per lo difetto del governatore, perisce e sommerge questa nave, ed annegasi miserabilmente, e non perviene al desiderato porto, adunque, che le giova tutta la sua bellezza e bontà e ricchezza, dappoichè così miserabilmente pericolò nel pelago del mare? E anche alcuna volta appare nel mare alcuna navetta piccola e vecchia, e con poca mercatanzia; e avendo buono governatore e discreto, passa la fortuna e campa dal profondo pelago del mare, e perviene al porto desiderato: e così addiviene agli uomini, in questo tempestoso mare di questo mondo. Ed imperò dicea Frate Egidio: L’uomo sempre debbe temere; ed avvegnachè egli sia in grande prosperitade, o in alto stato, o in grande degnità, o in grande perfezione di stato, se egli non ha buono governatore, cioè discreto reggimento, egli si puote miserabilmente pericolare nel profondo pelago delli vizj; ed imperciò al ben fare al postutto bisogna la perveranza, come dice l’Apostolo. Non chi comincia, ma chi persevera infino al fine, quello averà la corona. Quando uno arbore nasce, già non è fatto grande incontanente; e dappoich’egli è fatto grande, non dà però incontanente il frutto; e quando fa il frutto, non pervengono però tutti quelli alla bocca del signore di quello arbore; perocchè molti di quelli frutti caggiono in terra, e infracidansi e guastansi, e tali ne mangiano gli animali: ma pure perseverando per infino alla stagione, la maggiore parte di quelli frutti ricoglie il signore di quello arbore.

Ancora disse Frate Egidio: Che mi gioverebbe, s’io guttassi ben cento anni il Regno del Cielo, e io non perseverassi, sicchè dappoi io non avessi buono fine? Ed anche disse: Io reputo, che queste siano due grandissime grazie e doni di Dio a chi le può acquistare in questa vita; cioè perseverare con amore nel servigio ai Dio, e sempre guardarsi di non cadere in peccato.

Capítulo 16

Dicea Frate Egidio, parlando di sè medesimo: Io vorrei innanzi una poca grazia di Dio, essendo religioso nella religione, che non vorrei avere le molte’ grazie di Dio, essendo secolare e vivendo nel secolo, imperciocchè in nel secolo sì sono molto più pericoli e impedimenti, e più poco rimedio, e meno ajutorio che non è nella religione. Anche disse Frate Egidio: A me pare, che l’uomo peccatore più teme il suo bene, che non fa il suo danno e ‘l suo male: imperocchè egli teme di entrare nella religione a fare penitenzia; ma non teme d’offendere Iddio e l’anima sua, rimanendo nel secolo duro e ostinato, e nello fango fastidioso delli suoi peccati, aspettando la sua ultima dannazione eternale. Uno uomo secolare; domandò Frate Egidio, dicendo: Padre, che mi consigli tu, ch’io faccia? o che io entri nella religione, o che io mi stia nel secolo facendo le buone operazioni? Al quale Frate Egidio rispuose: Fratello mio, certa cosa è, che se alcuno uomo bisognoso sapesse un grande tesoro ascoso nel campo comune, che egli non domanderebbe consiglio ad alcuna persona, per certificarsi se sarebbe bene di cavarlo e di riporlo nella casa sua, quanto più dovrebbe l’uomo istudiarsi, ed affrettarsi con ogni efficacia e sollecitudine di cavare quello tesoro celestiale, lo quale si truova nelle sante religioni e congregazioni spirituali, senza domandare tanti consigli! E quello secolare, udendo cotesta risposta, incontanente distribuì quello che possedeva alli poveri, e così dispogliato d’ogni cosa subito entrò nella religione. Dicea Frate Egidio: Molti uomini entrano nella religione, e non mettono però in effetto e in operazioni quelle cose, le quali appartengono al perfetto stato della santa religione: ma questi cotali sono assomigliati a quello bifolco, che si vestì dell’armi d’Orlando, e non sapea pugnare nè armeggiare con esse. Ogni uomo non sa cavalcare il cavallo restìo e malizioso; e se pure lo cavalca, forse non saprebbe guardarsi di cadere, quando il cavallo corresse o maliziasse. Ancora disse Frate Egidio: Io non reputo gran fatto, che l’uomo sappia entrare in nella corte del Re; “nè non reputo gran fatto, che l’uomo sappia ritenere alcune grazie, ovvero benefizj dello Re:” ma il grande fatto si è, che elli sappia bene istare e abitare e conversare nella corte dello Re, perseverando discretamente secondo che si conviene. Lo stato di quella corte del grande Re Celestiale si è la santa religione, nella quale non è fatica sapere entrare e ricevere alcuni doni, e grazie da Dio; ma il grande fatto si è, che l’uomo sappia bene vivere e conversare, e perseverare in essa discretamente per insino alla morte. Ancora disse Frate Egidio: Io vorrei innanzi essere nello stato secolare, e continovamente sperare e desiderare con divozione d’entrare nella religione, che non vorrei istare nello abito vestito nella santa religione, senza esercizio d’opere virtuose, perseverando in pigrizia e in negligenza. Ed imperò dovrebbe l’uomo religioso sempre isforzarsi di vivere bene e virtuosamente, sappiendo che egli non può vivere in altro stato, che in nella sua professione. Una volta disse Frate Egidio: A me pare che la religione de’ Frati Minori veramente si fusse mandata da Dio, per utilità e grande edificazione della gente; ma guai a noi Frati, se noi non saremo tali uomini, quali noi dobbiamo essere! Certa cosa è, che in questa vita non si troverebbono più beati uomini di noi: imperocchè colui è santo che seguita il santo, e colui è veramente buono che va per la via del buono, e colui è ricco che va per li andamenti del ricco; conciossiacosachè la religione delli Frati Minori, più che nessuna altra religione, seguita le vestigie e gli andamenti del più buono, del più ricco del più santo, che mai fosse nè mai sarà, cioè del nostro Signore Gesù Cristo.

Capítulo 17

Quanto più sta lo religioso costretto sotto il giogo della santa obbedienzia, per l’amore di Dio, tanto maggiore frutto darà di sè medesimo a Dio, quanto sarà soggetto al suo maggiore per onore di Dio, tanto sarà più libero e mondo delli suoi peccati. Lo religioso vero obbediente si è simile al cavaliere bene armato e bene a cavallo, il quale passa e rompe sicuramente la schiera delli suoi inimici senza timore, perchè nessuno di loro non lo può offendere. Ma colui che obbedisce con mormorazione e con violenzia, si è simile al cavaliere disarmato e male a cavallo; il quale entrando nella battaglia, sarà gittato per terra dalli suoi nimici, e ferito da loro e preso, e alcuna volta incarcerato e morto. Quello religioso, che vuole vivere secondo lo arbitrio della sua propia volontà, mostra che vuole edificare abitazione perpetua nel profondo dello inferno. Quando il bue mette il capo sotto il giogo, allora lavora bene la terra, sicchè rende buono frutto a suo tempo: ma quando il bue si gira vagabondo, rimane la terra inculta e salvatica, e non rende il frutto suo alla stagione. E così lo religioso che sottomette il capo sotto il giogo della obbedienzia, molto frutto rende al Signore Iddio al tempo suo: ma colui, che non è obbediente di buono cuore al suo Prelato, rimane isterile e salvatico e senza frutto della sua professione. Gli uomini savi e magnanimi sì sottomettono prontamente, senza timore e senza dubitazione, il capo sotto il giogo della santa obbedienzia ma gli uomini istolti e pusillanimi si studiano di trarre fuora il capo di sotto il giogo della obbedienzia santa, e dappoi non vogliono obbedire ad alcuna creatura. Maggiore perfezione reputo che sia al servo di Dio, obbedire puramente al suo Prelato, per reverenzia e amore di Dio, che non sarebbe ad obbedire propriamente a Dio, se esso Iddio il comandasse: imperocchè colui che è obbediente ad uno vicario del Signore, certa cosa è che bene sarebbe ancora obbediente piuttosto al Signore medesimo, se egli gli comandasse. Ancora mi pare, che se alcuno uomo avesse promesso obbedienzia ad altri ed egli avesse grazia di parlare con gli Angeli; e accadesse, che egli stando e favellando con essi Angeli, e colui al quale avesse promesso obbedienzia lo chiamasse; dico, che incontanente debba lasciare il favellare con gli Angeli, e debba correre a fare la obbedienzia per onore di Dio. Colui che ha posto il capo sotto il giogo della obbedienzia santa, e poi vuole trarre il capo fuori di sotto a quella obbedienzia, per volere seguitare vita di più perfezione; dico, che s’egli non è bene perfetto prima nello stato della obbedienzia, che è segno di grande superbia, la quale ascosamente giace nella anima sua. La obbedienzia si è via di pervenire ad ogni bene, e ad ogni virtude; e la inobbedienzia si è via d’ogni male, e d’ogni vizio.

Capítulo 18

Se l’uomo avesse sempre dinanzi agli occhi della mente la memoria della morte sua, e dello ultimo giudicio eternale, e delle pene e delli cruciamenti delle anime dannate; certa cosa è, che mai non gli verrebbe voglia di peccare, nè di offendere Iddio. Ma se fusse cosa possibile, che alcuno uomo fosse vissuto dal principio del mondo per infino al tempo che è ora, e in tutto questo tempo avesse sottenuta ogni avversità, tribolazione, pene, afflizioni e dolori; e costui morisse, e l‘anima sua andasse a ricevere quello eterno bene celestiale; ma che gli nocerebbe tutto quello male, che avesse sostenuto al tempo passato? E così similmente; se l’uomo avesse avuto tutto il tempo predetto ogni bene e ogni dilettazione, piacere e consolazione del mondo, e poi morendo e l’anima sua ricevesse quelle eternali pene dello Inferno; ma che gli gioverebbe ogni bene, ch’egli avesse ricevuto al tempo passato? Uno uomo vagabondo disse; a Frate Egidio: Io sì ti dico, che volentieri vorrei vivere molto tempo in questo mondo, e avere grandi ricchezze e abbondanzia d’ogni cosa, e vorrei essere molto onorato, al quale Frate Egidio disse: Fratello mio, ma se tu fossi Signore di tutto il mondo, e dovessi vivere in esso mille anni in ogni dilettazione, delizie e piaceri e consolazioni temporali, deh dimmi; che premio, o qual merito aspetteresti d’avere di questa tua misera carne, alla quale tanto tu vorresti servire e piacere? Ma io ti dico; che l’uomo che vive secondo Iddio, e che si guarda di non offender Iddio, certo egli riceverà da esso Iddio sommo bene e infinito premio eternale, e grande abbondanzia e grande ricchezza e grande onore e lunga vita eternale in quella perpetua gloria celestiale; alla quale ci produca esso buono Iddio, Signore e Re nostro Gesù Cristo; a laude di esso Gesù Cristo, e del poverello Francesco.